Archive for February, 2014
Lo stretto necessario
Posted by Lisa in Dare e Avere, il principio cibernetico on February 14, 2014
Come vi dicevo, sono ripartita con il fare spazio, il liberarmi di quello che non mi serve e mi occupa e mi preoccupa. E ho trovato un nuovo stimolo nel semplificare ulteriormente quello che ho: quando vedo un oggetto non lo vedo più da solo e sulla sua generica utilità decido se mi serve o no. Ora, lo guardo insieme ai suoi compagni e mi chiedo “Quanti me ne servono?”.
Quante lenzuola mi servono? Quanti strofinacci? Quante penne? Quante coperte? Quanti pettini?
La maggior parte delle volte, è una domanda nuova. Le 21 penne che ho trovato alla prima ricognizione per casa mi hanno fatto pensare. Molte non funzionavano, ma la maggior parte era lì perché erano entrate in casa e nessuno si è mai messo il problema se ci servissero o no. Almeno 21 volte.
Voi ormai dovete pensare che io abbia una casa essenziale e minimalista come quella dei giornali. Non è così: ho una piccola casa disordinata e piena di molta roba vintage tipo libri, cd, dvd. Mi pare che più elimino, meno compro, più possiedo. La prima volta che ho avuto questa sensazione è stato quando la ditta per cui lavoravo ha cominciato a non pagare più gli stipendi: sapevo che ce la saremmo cavata ma era chiaro che avrei dovuto rinunciare ad acquistare beni futili per un po’ di tempo. Ho preso la mia ansia e l’ho portata davanti al mio armadio e lì mi sono resa conto che avrei potuto non comprare più abiti per anni senza che mi mancasse di che vestire.
In un primo luogo questa riflessione mi ha consolato. Forse sarei stata un po’ fuori moda ma non necessariamente stracciona. Poi mi è subentrato un senso di angoscia al pensiero di rimettere sempre e continuamente quegli abiti. Erano tanti, e alcuni non li amavo. Non mi stavano bene, non li mettevo. Perché ne avevo più di quanti ne potessi considerare il giusto numero? E ancora, qualcuno avrebbe potuto considerare il mio guardaroba appena sufficiente, invece in quel momento in cui perdevo la sicurezza economica lo sentivo paradossalmente come un peso. Oggi i miei vestiti si sono ridotti alla metà ma non sono ancora soddisfatta.
La mia casa dunque è tutt’altro che sobria e vuota e c’è ancora da fare. Non tutto dipende da me e il mio desiderio di semplicità non sembra contagiare troppo gli uomini di casa. Inoltre non apprezzo in toto l’estetica minimalista. Amo gli oggetti, non amo l’ordine perfetto. Ma vedo fagotti di cose in più che se ne vanno e mi sento come mi fossi fatta un regalo.
Tovagliette americane in papiro
Posted by Lisa in lavorare per vivere, lo zen e l'arte del tricot on February 9, 2014
Chissà cosa mi è passato per la mente quando ho acquistato quella rocca di fettuccia di papiro e cotone su e-bay. Forse che richiamasse il lino e potessi usarla per una fresca canotta estiva. Invece mi arriva questo filato piatto di un grigio argento meraviglioso, liscio al tatto ma troppo rigido per essere usato per l’abbigliamento.
E’ rimasta lì un poco finché non ho riesumato delle vecchie schede del giornale Pratica che penso di avere da almeno 20 anni e lì c’era uno schema per tovagliette all’americana semplici ma con una giusta alternanza di diritto e rovescio a creare un bell’effetto grafico e variazioni di luminosità sul filato che mi sono piaciute molto.
E’ diventato il mio progetto che riempiva i buchi tra un lavoro e l’altro, specialmente d’estate quando lavorare la lana era meno piacevole. Intanto che pensavo al progetto successivo ci infilavo una tovaglietta, pochi giorni era finita e si passava ad altro, e quando abbiamo aperto il nostro ufficio avevo 5 tovagliette perfette per l’angolo relax e il caffé di metà mattina.
Per questo mi ricordano il mare, quel grigio è variegato come granito sardo e sono felice di aver scoperto un nuovo filato naturale, anche se poco adatto all’abbigliamento.
Ne sono orgogliosa perché sono stranamente molto adatte all’arredamento dell’ufficio e perché c’è qualcosa di speciale avere sul posto di lavoro dei piccoli tocchi fatti a mano, da me medesima, perché secondo me le giornate a sviluppare software hanno tante sfaccettature e per non farle diventare fredde e asettiche bisogna circondarsi comunque di persone e oggetti cari, caldi e con una storia.