Archive for October, 2011

Muffin alla buccia di zucca (con un pizzico di buccia di arancia)

Perché della zucca non si butta via nulla. Ok, c’è la crisi, ma non solo. Il pianeta non ci sostiene, dobbiamo evitare di produrre rifiuti etc. etc. Ma c’è anche quella meravigliosa sensazione del tutto compiuto, del non aver strascichi, avanzi, scarti, che dir si voglia.

Tempo fa avevo provato a riutilizzare la buccia della zucca cuocendola in forno con olio e sale, ma il risultato non mi aveva convinto fino in fondo. Poi mi sono ritrovata una bella zucca gialla, dalla buccia perfetta, ed ho provato questi muffin di ecocucina.org. Niente male, specialmente per l’abbinamento con il miele. Invece della scorza di limone ho utilizzato la scorza delle arance bio dell’anno scorso. In genere la lasciavo seccare sui termosifoni, così profumava l’ambiente, e poi la utilizzavo per farne delle tisane serali. Invece da Ester ho imparato a farne polvere (anche se a me un po’ a pezzetti rimane) e a metterne un pizzico qua e là nella dolce cucina quotidiana.

Questa è dunque la mia versione dei

Muffin di buccia di zucca (con un pizzico di buccia di arancia)

Ingredienti:

280g di buccia di zucca gialla liscia, 1 uovo, 200 g di farina 0 bio, 80 g di miele, 130g di burro morbido, 100 g di zucchero di canna, un pizzico di scorza di arancia essicata, un cucchiaio di lievito bio per dolci.

Preparazione:

Lavare bene la zucca e sbucciarla grossolanamente, tanto per una volta quella che rimane attaccata alla scorza non va buttata. La polpa la potete utilizzare subito o tagliare a pezzi e congelarla in sacchetti di plastica. Cuocerla in pentola a pressione con un dito di acqua per mezz’ora, lasciarla scolare per almeno 10 minuti quindi frullarla. Non è neanche necessario utilizzarla subito, io ho tenuto in frigo questa crema e l’ho utilizzata il giorno dopo. Frullare la buccia in crema con l’uovo,  il miele, il burro, lo zucchero grezzo di canna, il lievito in polvere e la farina. Foderare con i pirrottini uno stampo da cupcakes e riempirli fino a metà. Porre in forno preriscaldato a 180 gradi per 40 mn, sfornare quando il solito stecchino risulta asciutto. Si conservano bene per qualche giorno.

Se nel frattempo, non paghi, si vuole terminare l’opera di consumo globale della zucca, lavare i semi, asciugarli, spargerli su una teglia e cospargerli di sale, infilarli nel forno ancora caldo dei muffin e lasciarli lì a seccare.

E magari ad Halloween utilizzarli per fare gli occhi delle simpatiche mummiette di Little Kitchen World, che ho appena finito di preparare per la festa di stasera.

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Ci siamo!

E’ passato quasi un anno da quando Ciami ha lanciato questa bella iniziativa. Mi ero da poco affacciata nell’intricato mondo della maglia on line e cominciavo a frequentare simpatici blog di simpatiche donne che pensavano che fare a maglia non è tanto o almeno non è solo una cosa da nonne, e tra pochissimo uscirà il grandioso risultato del loro impegno per gli altri. Bando alle ciance, sfogliate il lookbook, andate a provare a vincerne una copia qui e diffondete il più possibile l’iniziativa. Ne vale la pena!

 

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Chiamala, se vuoi, Provvidenza

E’ una vita che non compro più riviste di moda ma non è che non mi piacciano. Sono però carta da buttare, non vedo nessuna ragione civile o morale per modificare radicalmente il mio guardaroba a seconda delle ultime tendenze della stagione e la magrezza delle modelle mi fa fare mediamente brutti pensieri, tipo prendere un imbuto gigante per obbligarle a mangiare. Quindi, niente riviste.

In compenso, seguo svariati blog di quelle che si dice siano fashion blogger e che ai miei occhi sono ragazze simpatiche che commentano, raccolgono fotografie per il web e  immortalano le loro mise preferite e che alla fine dei conti mi fanno fare varie riflessioni sul senso del vestirsi e dell’acquistare abiti. Perché, che si tratti di potevofarelamodellaeinvecehostudiato, di appassionate di vintage o di fashion victim presenti ad ogni incontro modaiolo, seguendole per un certo periodo quando ritorno regolarmente sui loro blog alla fine rimane un’impressione fortissima: che si vestano alla fine sempre più o meno allo stesso modo.

O, altrimenti detto, hanno uno stile molto ben definito. Ma allora, è poi così necessario comprare comprare comprare se costoro, che a volte si lamentano di non resistere agli acquisti e non avere più il minimo posto nell’armadio, danno invece un’idea così chiaramente precisa del loro modo di presentarsi? Perché alla fine, se sei tipa da minigonna e ballerine, puoi anche prenderle argentate o verdi a pois rosa, e variare con short e minidress, ma sempre l’idea che sei una da minigonna e ballerine rimane. Ed è pure una cosa positiva.

D’altro canto tornare nei loro blog è rassicurante. Vedi che anche quando sono in auge i tacchi sottili c’è chi se ne frega e chi li incorpora nel proprio stile, che se va il color blocking alla fine basta aggiungere un paio di ballerine rosse per fare l’affare, che il verde e l’azzurro sono deliziosi insieme e il rosso e il rosa ancora di più. E che forse davvero un guardaroba limitato allo stretto indispensabile, basta che sia azzeccato, e poche innovazioni ogni tanto può essere più che sufficiente per un’immagine varia, riconoscibile e curata, che sia gradita a te e a chi ti circonda. Perché sarà pur vero che è importante essere belli dentro, ma di tutta questa bellezza interiore forse qualcosina si potrà anche manifestare nell’accostamento dei colori e del tipo di capi scelti.

Uscendo dalla filosofia, io spesso vado a leggere Trashic, lì portata soprattutto dalla simpatia di Barbara e Caia, che sono donne assolutamente normali e prendono la moda con ironia e concretezza. Che vuol dire anche non spenderci troppi soldi, non comprare troppe cose e non esserne ossessionate. Ora sto seguendo le pratiche lezioni di stile di Caia, all’insegna del Less is more, che è sempre un buon biglietto da visita per me.  E lei mi ha convinto a riarchiviare lo zainetto, anzi, reinterpreto, riservare ai weekend rilassati i miei pratici zainetti, ritornati in auge dopo la nascita del Piccolo Guascone per l’esigenza di avere le mani sempre libere con due bimbi da riacciuffare, e passare nuovamente alle borse, più adatte forse al mio abbigliamento da lavoro (no, non quello a casa di fronte al computer, quello in cui devo andare in giro a parlare con la gente).

Il problema è che io di borse sufficientemente grandi per mettere il kindle, il lavoro a maglia, fazzoletti da naso in morbido tessuto nella loro apposita bustina, salviette, minitrusse da trucco improvvisato, cartelle di documenti, buoni sconto dei supermercati e le borse della spesa riutilizzabili non ne avevo. Perché la riduzione dell’usa e getta e portarsi sempre i propri hobby dietro hanno la loro tassa da pagare in spazio fisico.

Vado a vedere su Yoox, che ci sono i saldi fino all’85% e trovo una borsa arancione, capiente il giusto, di Gattinoni, a un quinto del suo prezzo. Starebbe benissimo con il mio citron, mi piace e mi pare un affare. Visto che ci sono infilo nel carrello virtuale anche un levi’s scontatissimo e un altro paio di cosine. Poi mi fermo. Vado a vedere lo stato di conto corrente e carta di credito e vedo che stiamo sforando il budget mensile. A malincuore chiudo la pagina e lascio scadere il carrello. Niente da fare, i tempi sono di magra e lo zainetto può fungere alla bisogna per un altro po’.

Fine prima scena. La seconda comincia il giorno dopo nel mio garage, in cui avevo accumulato delle cassette di legno delle arance acquistate con il GAS l’anno scorso. Dato che dovevo passare vicino a casa di un’amica (tra l’altro, un reale esempio di less is more vivente) a cui in genere le porto d’inverno per alimentare il suo camino, le carico in macchina, sento se è in casa e le consegno. Dopo le inevitabili piacevoli chiacchiere, mentre sto per uscire lei mi fa “Non è che ti serve una borsa?”. E mi fa vedere una borsa color melanzana, graziosa e capiente e che potrebbe aprire un proficuo dialogo con la mia sciarpa nei toni del viola. “Me l’hanno regalata, non mi serve e mi occupa posto nell’armadio e non mi fa trovare le cose che mi servono e mi piacciono” (impara, Lisa, impara). Un po’ meravigliata e molto felice ho in pratica barattato le mie cassette di legno con quella borsa che andava a soddisfare una delle poche esigenze del mio guardaroba. A volte bisogna avere almeno un po’ di bisogno, un piccolo vuoto, per vivere un po’ lo stupore dei perfetti incastri che la vita ti riserva.

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